Il Gladiatore

Nell’anfiteatro Flavio, nel pomeriggio, si svolgevano i combattimenti di gladiatori. Il loro nome deriva dalla spada corta che usavano nei combattimenti: il “gladio”. Il gladiatore di Roma imparava l’arte della gladiatoria in “ludi”, delle scuole che erano caserme molto simili a prigioni che si trovavano in tutto l’impero; dormiva in piccole celle disposte intorno al cortile dove si allenava.

I ludi erano diretti da un proprietario (il lanista), istruttore dei gladiatori che aveva assoluto potere su di loro. A Roma, i ludi imperiali, (le uniche scuole autorizzate), alloggiavano fino a 2000 uomini: il “ludus matutinus” dove si esercitavano i cacciatori di belve feroci, il “ludus gallicus”, il “ludus dacicus” e il “ludus magnus”.

I gladiatori potevano essere dei prigionieri di guerra, dei criminali, dei galeotti, degli schiavi, dei condannati o uomini liberi senza futuro; potevano essere inesperti o dei veri professionisti, soprattutto i prigionieri di guerra che dopo aver vissuto diverse lotte armate, combattimenti, battaglie e sofferenze erano particolarmente temprati ed agguerriti e spesso venivano da terre lontane come la tracia e la Germania. Questi personaggi erano i più ricercati e dato che non avevano altre possibilità di vivere decorosamente la loro esistenza, si proponevano volentieri e si impegnavano fortemente nella pericolosa carriera del gladiatore.

Anche le donne combattevano ma erano molto rare e per questo anche molto richieste. La popolarità del gladiatore vincente era davvero notevole, il popolo lo esaltava e seguiva i combattimenti e gli spettacoli con passione e il suo nome diventava famoso.

I gladiatori si allenavano a differenti tecniche di assalto o di difesa con l’uso di armi diverse e a seconda del tipo di arma e di tecnica che usavano venivano chiamati: “cetervari”, “secutores”, “reziari”, “mirmillones” e “traces”.

Nelle lotte si contrapponevano sempre coppie di gladiatori diversi; quelle più classiche erano tra i “reziari” e i “mirmilloni” e tra i “traci” e i “secutores”.

Il gladiatore che aveva vinto il suo avversario si rivolgeva al pubblico dell’anfiteatro per domandare la sorte che la folla voleva riservare allo sconfitto e la folla, con un segno della mano decideva per la morte o per la vita: il pollice rivolto verso l’alto, “mitte” (salvo) significava che doveva vivere e il pollice rivolto verso il basso, “jugula” (morte) significava che doveva morire. Alla fine, però, era l’imperatore o chi organizzava lo spettacolo in questione che con il suo pollice determinava la sorte del gladiatore sconfitto.

Ogni gladiatore ucciso costava una cifra molto alta all’imperatore o a colui che organizzava lo spettacolo e, chiaramente, non chiedevano facilmente la loro morte; probabilmente dipendeva anche dalla forte richiesta del popolo spettatore.

I combattimenti dei gladiatori prendevano ispirazione da episodi mitologici cercando di gareggiare sempre con spettacoli nuovi e nuove idee per non stancare il pubblico, mettendo in scena anche situazioni grottesche che divertissero ed eccitassero al tempo stesso la folla.

I gladiatori, di fatto, erano prigionieri e non potevano fuggire, potevano riacquistare la loro libertà soltanto combattendo nell’arena e sperando che qualche potente notasse il loro coraggio e la loro forza e decidesse di liberarli. Questa speranza era nel cuore dei gladiatori e li aiutava a sopportare meglio la propria sorte.

Il gladiatore aveva, quindi, una vita difficile e molto rischiosa. Lottava per la vita, per la libertà e per la gloria e il popolo romano apprezzava e rimaneva affascinato dalla forza e dal coraggio del gladiatore vincente che diventava un grande eroe.

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Chi erano i gladiatori romani?

I gladiatori schiavi, prigionieri di guerra ma anche uomini liberi. Si poteva anche scegliere di diventare gladiatori.

Dal primo secolo a.c., oltre ai prigionieri di guerra, un gran numero di schiavi colpevoli di gravissimi delitti furono costretti a diventare gladiatori.

Avevano l’obbligo di entrare in una scuola di gladiatori e nella maggior parte dei casi rimandavano la loro pena di morte ma avevano anche la possibilità di riabilitarsi.

Alcuni gladiatori riuscirono a riconquistare un posto nella società combattendo nell’arena e dimostrando coraggio e bravura con prestazioni che catturavano l’approvazione degli spettatori.

Per alcuni schiavi la prospettiva era peggiore; alcuni venivano condannati alla morte per mezzo di bestie feroci (ad bestias). Anche i cittadini che commettevano gravissimi reati potevano essere condannati alla morte atroce nell’arena, per mezzo della spada (ad gladium) e per altri schiavi c’era la morte ancora più tragica, per crocifissione (crucifixio).

La maggior parte dei gladiatori, quindi, erano costretti in questo ruolo ma non mancavano gli uomini liberi che si presentavano volontariamente perché affascinati dal rischio e dalla violenza.

Questi uomini stipulavano un contratto che durava per un certo periodo ed entravano nelle scuole dei gladiatori per prepararsi ai combattimenti.

Molti lo facevano per denaro, altri perché attratti dalle forti emozioni che si subivano durante i combattimenti, altri per lasciarsi alle spalle uno stato di grande povertà che gli rendeva molto difficile vivere e trovarsi una collocazione dignitosa nella società.

La maggior parte dei cittadini liberi che si arruolavano erano militari in congedo che dopo essere stati sottoposti a tanta violenza non riuscivano più ad integrarsi nella normale vita cittadina.

Capitava anche che nell’arena combattessero come volontari i figli di cavalieri e senatori, magari per una sola volta e con armi meno pericolose, probabilmente lo facevano per dimostrare qualcosa o per cambiare in qualche modo la propria vita.

Combatterono nell’arena anche certi aristocratici senza seguire gli addestramenti delle scuole dei gladiatori. Senatori e cavalieri diventavano momentaneamente gladiatori per divertimento o perché costretti dall’imperatore che voleva far pagare loro qualcosa.

Pare che anche gli stessi imperatori non resistevano al fascino del combattimento nel colosseo.

Alcuni di loro come tito, adriano, caligola e il famoso comodo che vestiva regolarmente i panni del gladiatore si esibirono nell’arena.

Per comodo pare fosse un vero e proprio hobby, una sorta di gioco e divertimento ed è chiaro che nessun gladiatore avrebbe mai osato far del male al proprio imperatore…

Aspettative di vita dei Gladiatori di Roma

Che aspettative di vita avevano i gladiatori? In che condizioni affrontavano l’arena? Per un gladiatore, come poteva finire un combattimento nell’arena?

Combattere con i propri colleghi e amici.

Un combattimento nell’arena per un gladiatore poteva finire in cinque modi diversi: il gladiatore poteva vincere o poteva essere ucciso, poteva essere giustiziato dal popolo o dall’imperatore dopo essersi arreso, poteva uscire vivo dall’arena per grazia e se il combattimento finiva in parità poteva uscire insieme al suo avversario.

Ogni volta che un gladiatore affrontava un combattimento sapeva che la probabilità di morire era piuttosto alta sia sull’arena che per le ferite riportate. I gladiatori che si comportavano in modo eroico avevano più probabilità di essere graziati dal popolo.

Molti gladiatori morivano giovani anche dopo un solo combattimento.

Cercando di immaginare lo stato d’animo dei gladiatori mentre si allenavano, mentre condividevano le scuole e il luogo dove vivevano, mi viene in mente che probabilmente per molti di loro era difficile scambiare due parole con l’amico che sull’arena sarebbe diventato un nemico da affrontare e magari uccidere o dal quale essere ucciso.

Lo stress al quale erano sottoposti i gladiatori quotidianamente non doveva essere certo una passeggiata e le condizioni di vita erano tutt’altro che facili soprattutto per quelli che non avevano una grande fama e che erano considerati dei combattenti mediocri.

Sembra infatti, che molti gladiatori, soprattutto le nuove reclute, tentavano spesso la fuga. Pare anche che molti dei gladiatori non considerati come eroi e grandi combattenti, vivendo un quotidiano molto difficile preferivano il suicidio all’umiliazione e alla morte senza onore che poteva presentarsi loro nell’arena.

Origine delle lotte gladiatorie o giochi di gladiatori

Come iniziarono le lotte gladiatorie o giochi di gladiatori? Quando venivano fatti i combattimenti gladiatori?

I combattimenti dei gladiatori e il culto dei morti.

Le lotte gladiatorie (munera) traggono le loro origini dal culto dei morti. Possiamo vedere che già nell’iliade di omero si racconta che in onore del defunto eroe patroclo vennero fatti dei giochi funebri e sacrificati per questo dei prigionieri che dovettero combattere tra di loro fino alla morte. Con questi sacrifici si pensava che lo spirito del defunto potesse ritrovare la pace, dei veri e propri riti magici

Pare che i primi ludi romani si possano far risalire all’epoca di tarquinio prisco quando roma era sotto l’influenza degli etruschi ma i combattimenti gladiatorii arrivarono molto tempo dopo.

Nel 264 a.c., ci fu la prima lotta tra gladiatori in onore del decimo giunio bruto pera durante la cerimonia funebre.

Presto i combattimenti gladiatori divennero essenziali nelle cerimonie funebri dei nobili romani ma anche negli eventi particolari, nelle festività della vita di roma.

“[…] le inferiae sono i sacrifici per i defunti, offerti al regno dei morti. Senza dubbio era usanza uccidere i prigionieri di guerra davanti ai sepolcri degli uomini valorosi: da quando tale usanza parve crudele, sembrò opportuno far combattere, davanti ai sepolcri, i gladiatori chiamati bustuarii, dai busta […]”

(commentari in vergili aeneidos, libro x, 519)

Ai combattimenti dei gladiatori, alle esecuzioni e agli spettacoli di caccia con gli animali feroci, si aggiunsero anche le tragedie e le commedie e a partire dal 186 a.c. Iniziarono ad esibirsi a roma anche gli atleti professionisti greci.

Un altro grande spettacolo era dato dalla corsa dei carri dove i primi che tagliavano il traguardo con il cocchio tirato dai quattro cavalli raggiungevano una grande fama tra il popolo romano.

Ma nonostante la varietà degli spettacoli il preferito era sempre quello delle lotte dei gladiatori che venivano organizzati da funzionari pubblici eletti dal popolo.

Per diventare qualcuno e farsi apprezzare dal popolo bisognava creare uno spettacolo indimenticabile con diversi intrattenimenti sfarzosi e costosi.

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